Londra, caccia al «terzo uomo» che incontrò Litvinenko e gli offrì il tè
Veleno e mistero, l'ex spia muore nella notte
I medici inglesi non sono riusciti a identificare la sostanza che alla fine ha ucciso l'esule che lavorò per il Kgb.
Alexander Litvinenko (Ansa)LONDRA (GRAN BRETAGNA) - Alexander Litvinenko, ex colonnello del Kgb rifugiato a Londra, è morto nella notte dopo tre settimane di agonia non solo fisica, tra accuse di avvelenamento rivolte al Cremlino e illazioni dei servizi segreti di Mosca arrivati a dire che era tutta una simulazione per danneggiare Putin. Scotland Yard definisce il caso «una morte inspiegata». Oleg Gordievsky, altro famoso ex agente sovietico passato all'Occidente, ribatte che invece «è tutto molto chiaro, si tratta dell'assassinio di un eroe della Russia e della Gran Bretagna, un esule diventato cittadino britannico ucciso sul suolo inglese da un servizio segreto brutale e corrotto». Una sola certezza, chi lo ha avvelenato conosceva bene il mestiere: i medici inglesi in questi giorni hanno cambiato più volte la versione sulla sostanza tossica che ha bruciato uno ad uno gli organi vitali del paziente. Dal tallio si è arrivati a «un elemento solitamente usato per la chemioterapia».
L'ex agente russo, esule dal 2000 e cittadino britannico da un mese, si era sentito male la notte del primo novembre. Aveva pensato subito al veleno, alla vendetta moscovita perché era «un traditore» da quando nel 1999 denunciò la corruzione e le trame per giustificare la guerra in Cecenia dell'Fsb, il nuovo Kgb postcomunista. Ma per due settimane mentre lui vomitava, gridava per il dolore e perdeva tutti i capelli non gli avevano dato retta. Ora Scotland Yard vorrebbe «ascoltare» le tre persone che hanno incontrato Litvinenko il 1˚ novembre, tra mezzogiorno e le tre. L'italiano Mario Scaramella, con cui il russo pranzò in un sushi bar di Piccadilly. Ma soprattutto due personaggi venuti da Mosca e poi scomparsi. Uno è Andrei Lugovoy, altro ex colonnello dell'Fsb. Faceva parte del Nono Direttorato, quello che protegge le figure pubbliche. È così che conobbe l'oligarca Boris Berezovskij negli anni Novanta. A quei tempi Berezovskij era intimo del presidente Eltsin, fu mandato a negoziare con i guerriglieri ceceni. All'avvento di Putin (ex capo del Kgb) cadde in disgrazia e fuggì a Londra, portandosi dietro molti amici, tra cui Litvinenko. Lugovoy restò a Mosca e fu arrestato, poi liberato diventò per vie misteriose ricco «uomo d'affari». Il 1˚ novembre chiamò il vecchio amico Alexander e gli diede appuntamento al bar del Millennium Hotel di Grosvenor Square. Posto da milionari. Alexander andò all'incontro e trovò anche uno che non conosceva. In ospedale ha avuto la forza per dire che il terzo uomo era «sulla quarantina, alto, magro e taciturno» e si presentò solo come «Vladimir». E parlò unicamente per invitare con insistenza Litvinenko a bere una tazza di tè. Forse quella avvelenata.
Lugovoy ha fatto sapere che era venuto a Londra per vedere una partita di calcio. Un alibi che ricorderebbe quello della banda guidata da Vittorio Gassman nei Soliti Ignoti, se non fosse che nella commedia all'italiana non muore nessuno, mentre Alexander Litvinenko, 43 anni, lascia una moglie e un figlio piccolo. Del Terzo Uomo, Vladimir, a quanto pare non si sa nulla di più. La sezione antiterrorismo di Scotland Yard e l'MI5 per dargli un volto controllano i filmati delle telecamere a circuito chiuso di Grosvenor Square, una delle piazze più controllate di Londra: c'è l'ambasciata- fortezza degli Stati Uniti su un lato e quelle italiana e canadese sull'altro. In mezzo l'Hotel dell'ultimo tè. Dopo la sosta al Millennium Hotel e l'incontro a Piccadilly quel pomeriggio Litvinenko ricevette un passaggio in auto verso casa da un altro amico, Ahmed Zakayev, ex dirigente ceceno entrato nella corte londinese di Berezovskij. «Sasha (diminutivo di Alexander, ndr) era eccitato, diceva che i documenti che gli aveva consegnato l'italiano contenevano i nomi degli assassini della giornalista Anna Politkovskaya», dice il ceceno. Un gioco di matrioske russo-cecene che racchiuderebbe gli ex colleghi moscoviti denunciati da Litvinenko. Dall'Svr, il servizio segreto russo per le operazioni all'estero, rispondono che «Litvinenko non conta niente per noi, certo non era il bersaglio per il quale rovinare le relazioni con Londra».
E anche questo ha una logica. Dal passato riemerge Vladimir Bukovskij, il neurobiologo finito in un gulag sovietico per aver rivelato l'uso del manicomio per i dissidenti. Nel 1976 Mosca lo scambiò con un leader comunista cileno, approdò a Londra. Amico di Litvinenko anche lui. Ora ricorda con il suo inglese che alla maniera slava tralascia gli articoli: «Lasciatemi raccontare storia, qualche settimana fa Sasha (Alexander, ndr) venne a pranzo da me. Suo telefono squillò, era vecchio collega di Fsb da Mosca. Gli dissi: "Sasha, ti credi sicuro a Londra, ma ricorda che cosa è accaduto a Trotskij"». Su ordine del Cremlino un agente staliniano gli piantò una piccozza nel cranio a Città del Messico nel 1940. «Questo è il ritorno del Kgb, Sasha non sarà l'ultimo», predice Bukovskij.