lunedì 5 marzo 2007

"GIALLO PASOLINI" UN LIBRO PER NON DIMENTICARE

ROMA - Pier Paolo Pasolini avrebbe compiuto oggi 85 anni ed è proprio il giorno del suo compleanno l’occasione giusta per parlare di lui e della sua tragica scomparsa. A distanza di trent’anni, un’altra inchiesta, questa però firmata dal giornalista Enzo Catania che nel suo volume di quasi 500 pagine ci offre un accurato e puntuale reportage sul grande regista, dicendo che “fu certo un rompipalle, controcorrente, eretico e provocatore, ma anche uno degli uomini che per l’assoluta indipendenza culturale e intellettuale, maggiormente segnò letteratura e vita sociale del Ventesimo secolo”. “Giallo Pasolini”, questo il titolo del libro, rappresenta il tentativo di svelare la verità nascosta su quello che davvero accadde la sera del 2 novembre 1975 all’idroscalo di Ostia, lì dove lo scrittore venne ucciso, soprattutto dopo le dichiarazioni rilasciate in Tv dall’assassino Pino Pelosi, il 9 maggio 2005. Pare che Pelosi non fosse solo quella sera: questa la dichiarazione che ha permesso la riapertura dell’inchiesta e proprio nelle pagine del libro di Catania è evidente il desiderio di arrivare alla verità, di conoscere come sono andati veramente i fatti. Nella ricostruzione il giornalista analizza due elementi: da un lato le indagini ed il loro privilegiare una sola pista (l’omosessuale ribelle) senza andare oltre; dall’altro l’eccessiva velocità con cui è stata chiusa e archiviata l’inchiesta stessa dopo aver portato a termine una serie limitata di perizie. “Ebbene – dice Catania – quando alle 6.45 di quella mattina del 2 novembre 1975 sul posto del delitto arrivò la polizia, intorno al cadavere di Pasolini c’era una piccola armata di sfaccendati e vacanzieri che commentava: ‘era tutto calpestato e non transennato’, come raccontò poi Elio Pecora, giunto all’idroscalo insieme ad Alberto Moravia”. A quanto pare sul luogo del delitto l’assassino e la sua vittima non erano soli, dunque, ma nel campetto vicino alcuni ragazzini giocavano e altre persone presenti, sarebbero scomparse, forse a causa della folla radunata lì intorno. Catania conclude ponendo un interrogativo a se stesso ed al lettore: “pensate che la camicia intrisa di sangue venne trovata a ben 80 metri dal cadavere. E siamo proprio sicuri che nessuno abbia spostato i pezzi di legno macchiati del sangue di Pasolini?” Diversi, dunque, gli spunti per riflettere e capire se, tra gli altri particolari, è possibile scorgere gli elementi giusti per non lasciare che questa storia cada in un inevitabile e silenzioso oblio.